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Privacy - No a sistemi di videosorveglianza all'interno di spogliatoi aziendali


Una società di Padova, il 18 aprile 2014, aveva chiesto al Garante di poter installare un sistema di videosorveglianza all'interno degli spogliatoi maschili aziendali, affinché, in seguito a numerose e ripetute segnalazioni di effrazioni da parte dei dipendenti, si potesse porre freno ai sistematici furti di oggetti di valore.</div><div id="ext-gen1192">Il sistema di sorveglianza proposto dalla società patavina avrebbe dovuto consistere in un'installazione di "14 nuove telecamere mini dome (a cupola) da interno di tipo fisso da installare sul solaio della stanza e in grado di controllare completamente ogni corridoio e/o punto di passaggio e stazionamento di personale nello spogliatoio". Le immagini sarebbero state cancellate automaticamente dopo sette giorni</div><div id="ext-gen1193">Il sistema, inoltre, sarebbe stato gestito da società terza e non avrebbe garantito la visione "in diretta" delle immagini che sarebbero state esclusivamente registrate con modalità «motiondetection» nel server di gestione. Per finire, il sistema prospettato prevedeva l'individuazione un utente la cui password di accesso alle registrazioni sarebbe stata suddivisa fra le varie rappresentanze sindacali e al delegato dell'azienda per il trattamento dei dati sensibili e consegnate in busta chiusa e sigillata a ciascuna rappresentanza.</div><div id="ext-gen1194">All'esito dell'esame delle dichiarazioni e della documentazione fornita, il Garante della Privacy, cona la prescrizione del 10 luglio 2014, ha ritenuto che l'installazione del prospettato sistema di videosorveglianza all'interno degli spogliatoi maschili in uso ai dipendenti non sia conforme alle disposizioni vigenti in materia di protezione dei dati personali, poiché avrebbe previsto il minuzioso videocontrollo dell'intera area adibita a spogliatoio del personale maschile, senza configurare alcuna limitazione dell'angolo di ripresa all'interno di un'area connotata da una particolare aspettativa di riservatezza e di tutela della intimità e dignità della persona, andando contro i principi espressi dagli artt. 3 e 11, comma 1, lett. a) e d) del Codice della Privacy.</div>