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Famiglia - Separazione consensuale: non più invocabile la simulazione dopo l'omologazione dell'accordo


Pur non potendosi dubitare della natura negoziale (quand'anche non contrattuale) dell'accordo che dà sostanza e fondamento alla separazione consensuale tra coniugi, e pur non essendo ravvisabile, nell'atto di omologazione, una funzione sostitutiva o integrativa della volontà delle parti o di governo dell'autonomia dei coniugi, è da escludere l'impugnabilità per simulazione dell'accordo di separazione una volta omologato, giacché l'iniziativa processuale diretta ad acquisire l'omologazione, e quindi la condizione formale di coniugi separati, con le conseguenti implicazioni giuridiche, si risolve in una iniziativa nel senso della efficacia della separazione che vale a superare il precedente accordo simulatorio, ponendosi in antitesi con esso, essendo logicamente insostenibile che i coniugi possano "disvolere" con detto accordo la condizione di separati ed al tempo stesso "volere" l'emissione di un provvedimento giudiziale destinato ad attribuire determinati effetti giuridici a detta condizione. Il principio, che trova un solo precedente nella giurisprudenza di legittimità, è stato nuovamente affermato dal giudice di legittimità in una recente pronuncia.
Secondo la Corte, all'orientamento espresso nel principio deve essere data continuità, considerando, quale decisiva circostanza che, nel momento in cui i coniugi convengono, nello spirito e nella prospettiva della loro intesa simulatoria, di chiedere al Tribunale l'omologazione della loro (apparente) simulazione esse in realtà concordano nel voler conseguire il riconoscimento di uno "status" dal quale la legge fa derivare effetti irretrattabili tra le parti e nei confronti dei terzi, salve le ipotesi della riconciliazione e dello scioglimento definitivo del vincolo. Con la separazione giudiziale e con quella consensuale omologata, osserva la pronuncia in epigrafe, vengono meno a carico dei coniugi gli obblighi di carattere morale derivanti dal matrimonio, come quelli alla coabitazione, di fedeltà e di assistenza, prevedendo l'art. 156 c.c., nella formulazione introdotta dal legislatore della riforma del diritto di famiglia, soltanto obblighi di natura patrimoniale; che l'art. 232, comma 2, c.c. fa venir meno la presunzione di concepimento nel matrimonio del figlio nato decorsi trecento giorni dalla pronuncia della separazione giudiziale o dalla omologa di quella consensuale o dalla data di comparizione dei coniugi davanti al giudice quando sono stati autorizzati a vivere separati; che, ai sensi dell'art. 191 c.c., la separazione personale determina lo scioglimento della comunione dei beni; che, ancora, il regolamento per la revisione dell'ordinamento dello stato civile di cui al D.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, prevede, all'art. 69, lett. d), che della omologazione della separazione consensuale sia fatta annotazione negli atti di matrimonio. Nella situazione considerata, la volontà di conseguire detto "status" è effettiva e non simulata: l'iniziativa processuale diretta ad acquisire la condizione formale di coniugi separati, con le conseguenti implicazioni giuridiche, si risolve in una iniziativa nel senso della efficacia della separazione che vale a superare e neutralizzare il precedente accordo simulatorio, ponendosi in antitesi con esso. Appare invero logicamente insostenibile, conclude la Cassazione, che i coniugi possano disvolere con detto accordo la condizione di separati ed al tempo stesso volere l'emissione di un provvedimento giudiziale destinato ad attribuire determinati effetti giuridici a detta condizione: l'antinomia tra tali determinazioni non può trovare altra composizione che nel considerare l'iniziativa processuale come atto incompatibile con la volontà di avvalersi della simulazione.